Con la sentenza n. 149 del 2022, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 117, co. 1, Cost., in relazione all’art. 4, Prot. n. 7 CEDU, dell’art. 649 c.p.p., nella parte in cui non prevede che il giudice pronunci sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere nei confronti di un imputato per uno dei delitti previsti dall’art. 171-ter, L. 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), che, in relazione al medesimo fatto, sia già stato sottoposto a procedimento, definitivamente conclusosi, per l’illecito amministrativo di cui all’art. 174-bis della medesima legge.
In via preliminare, la Consulta ha delimitato i confini del petitum formulato dal giudice a quo, intendendo la questione come mirante a estendere la disciplina di cui all’art. 649 c.p.p. unicamente all’ipotesi in cui l’imputato di uno dei delitti previsti dall’art. 171-ter, l. n. 633 del 1941 sia già stato sottoposto in via definitiva a sanzione amministrativa per il medesimo fatto, ai sensi dell’art. 174-bis della stessa legge.
La Corte ha anzitutto affermato che il diritto al ne bis in idem – quale diritto fondamentale della persona e non quale garanzia oggettiva – mira a evitare le sofferenze e i costi determinati da un nuovo processo in relazione a fatti per i quali una persona sia già stata giudicata.
Riconosciuta, sulla base dei “criteri Engel”, la natura sostanzialmente punitiva delle sanzioni amministrative pecuniarie previste in materia di diritto d’autore, il Giudice delle leggi ha poi ricordato che, perché sia integrata una violazione del ne bis in idem di cui all’art. 4, Prot. n. 7 CEDU, occorre anche che tra i due procedimenti di carattere punitivo che si sovrappongono non vi debba essere una «connessione sostanziale e temporale sufficientemente stretta», altrimenti idonea a far sì che tali procedimenti appaiano come parti di un unico sistema integrato di tutela dei medesimi beni giuridici, insuscettibile di produrre effetti sproporzionati sui diritti fondamentali dell’interessato (la Corte europea, nella sentenza Corte EDU, Gr. Cam., 15 November 2016, A e B c. Norvegia, §§ 130-132, ha enunciato anche i criteri mediante i quali verificare se una tale connessione sussista: scopi complementari e distinti dei diversi procedimenti; prevedibilità della duplicità dei procedimenti; evitabilità di duplicazione nella raccolta e nella valutazione delle prove; meccanismi che consentano di tenere in considerazione nel secondo procedimento la sanzione eventualmente già inflitta nel primo).
Alla luce di questi criteri, che vengono puntualmente esaminati nella presente decisione, la Consulta ha ritenuto che il sistema di “doppio binario” sanzionatorio in materia di tutela del diritto d’autore non sia normativamente congegnato in modo da assicurare che i due procedimenti previsti – l’uno penale, l’altro amministrativo – apprestino una risposta coerente e sostanzialmente unitaria a questa tipologia di illeciti. Ad avviso della Corte, i due procedimenti originano dalla medesima condotta, ma seguono poi percorsi autonomi, che non si intersecano né si coordinano reciprocamente in alcun modo, creando così inevitabilmente le condizioni per il verificarsi di violazioni sistemiche del diritto al ne bis in idem.
Pertanto, per evitare sofferenze e costi ingiustificati in capo alla persona interessata, è necessario che il procedimento penale si concluda non appena la sanzione amministrativa già irrogata nei suoi confronti diventi definitiva (v. Comunicato stampa della Corte costituzionale, 16 giugno 2022). I giudici della Consulta pongono perciò rimedio al vulnus generato dalla l. n. 633 del 1941, attraverso l’intervento sull’art. 649 c.p.p. richiesto dal rimettente.
La Corte ha peraltro sottolineato che il rimedio così introdotto, pur necessario per evitare la violazione del diritto fondamentale dell’imputato nell’eventualità in cui il processo penale segua quello amministrativo, non basta a rendere razionale il sistema, che consente comunque l’apertura di due procedimenti e il loro svolgimento parallelo. Ha dunque rivolto un monito al legislatore, invitandolo a ridefinire in modo coerente la disciplina in esame, nel quadro di un’auspicabile rimeditazione complessiva dei vigenti sistemi di doppio binario sanzionatorio, alla luce dei principi enunciati dalla Corte EDU, dalla Corte di giustizia e dalla stessa Corte costituzionale.
La sentenza si segnala per essere la prima declaratoria di illegittimità costituzionale in materia di ne bis in idem convenzionale e “doppio binario” sanzionatorio, dopo varie pronunce in cui era stata dichiarata la manifesta inammissibilità delle questioni che avevano riguardato sempre l’art. 649 c.p.p. (da ultimo, Corte cost., n. 136 del 2021 e n. 54 del 2018; la sent. cost. n. 200 del 2016 aveva invece dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 649 c.p.p., nella parte in cui, secondo il diritto vivente, esclude che il fatto sia il medesimo per la sola circostanza che sussiste un concorso formale di reati). È prevedibile che questa decisione possa segnare una strada per ulteriori interventi di censura da parte della Consulta, con riguardo, quantomeno, alle altre variegate ipotesi in cui, nel nostro ordinamento, sono disciplinati regimi di “doppio binario” sanzionatorio.